Blank Dogs: nient'altro che il nome da palcoscenico di Mike Sniper, polistrumentista di Brooklyn che strizza un occhio alla new wave e uno al lo-fi e che è giunto sotto le due torri ieri sera, più precisamente al Covo, per presentare la sua ultima fatica "Land and Fixed", pubblicata il 12 Ottobre, con un concerto ad offerta libera.
Dettaglio, questo, che ha spinto i più (e anche la sottoscritta) a soddisfare la propria curiosità per questo misterioso NewYorkese.
Dopo l'esibizione del gruppo spalla (Last Europa Kiss), Blank Dogs e soci salgono sul palco in completo silenzio. La formazione è così composta: Sniper impugna una Telecaster, bello sicuro nella sua giacca sigillata fino al collo e con il cappuccio sulla testa (non sarei mai voluta essere nei panni dei suoi compagni di "camerino", dopo questa sudata) canta con distorsioni vocali che rendono omaggio al compianto Ian Curtis; alla sua destra una bassista/tastierista perennemente piegata su se stessa; alla sinistra un addetto al synth e seconda voce che è l'unico che sembra crederci veramente (canta e balla, mimando le movenze che ci si immagina ogni dj debba avere durante un'esibizione) e un immobile batterista che fa capolino da dietro, pestando sui suoi piatti scheggiati, stando in piedi tutto il tempo con occhi fissi nel vuoto.
L'attacco non è dei più entusiasmanti, ma "diamogli tempo di scaldarsi", penso. "E poi magari queste sono dell'ultimo lavoro e a me hanno parlato molto bene dei primi".
Dopo venti minuti di concerto ci si sfida a chi inventa la scusa migliore per uscire dalla sala. Motivo?
Le sonorità sono molto belle, sia inteso. I bassi sono profondi e la voce è vibrante al punto giusto, forse qualche riff di chitarra mi fa torcere il naso ma nel complesso posso dire che musicalmente sono bravi. Il problema, è il contenuto. Mi spiego meglio: Blank Dogs compie niente di più di quelli che sono degli esercizi di stile. Suona alla maniera new wave, usa quegli effetti e quelle strutture dei brani, ma non c'è anima nei pezzi, figurarsi nell'esibizione (che procede, lenta e inesorabile, dettata da questo sacerdote della replica con cappuccio nero e piumino sigillato).
Come quando da piccolo impugni la chitarra e impari gli accordi di "Come as you are" dei Nirvana. O come quando scrivi "alla maniera di quello scrittore" per allenarti all'ars scribendi.
Alla sottoscritta (e alla stragrande maggioranza del pubblico, a giudicare dai commenti raccolti dopo il concerto) è sembrato decisamente un saggio di fine anno di una scuola di musica. Tracklist: cover di un gruppo che imita i Joy Division (neanche cover degli originali).
Dopo un'ora, per fortuna, il saggio finisce. Niente bis e nessun ringraziamento particolare. Solo tanta delusione e facce annoiate che possono però rincuorarsi per non aver speso i soliti 13/15 euro che il locale di Viale Zagabria, di solito, chiede.
(pic by Lesstv)
L'uomo ai synth (ma lui la chiamava "the machine") in realtà controlla e processa tutti i suoni prodotti sul palco (microfoni e chitarre entrano lì e vengono mixati), con degli effetti notevoli.
RispondiEliminaMi dispiace che ieri sera non sia stato un granché. L'ho visto domenica al 360 e mi è sembrato un ottimo live.
ciao, e.
Concordo sugli effetti notevoli: musicalmente è tutto ineccepibile.
RispondiEliminaPerò il concerto di ieri è stato decisamente insipido. Spero che prima o poi mi faccia ricredere.
Grazie per il commento,
Laura