giovedì 28 ottobre 2010

La strage di Nassyria raccontata da chi l'ha vissuta: è il film 20 Sigarette, di Aureliano Amadei


20 Sigarette altro non è che la storia realmente vissuta da Aureliano Amadei, che un giorno si è visto proporre un lavoro in Iraq al seguito del regista Stefano Rolla e che in Iraq ci è rimasto, appunto, il tempo di 20 sigarette. Aureliano, infatti, è stato l'unico civile a sopravvivere alla strage di Nassiriya il 12 Novembre 2003.

Parlando del suo film alla stampa Amadei ha detto: "20 Sigarette è il frutto di una lunga elaborazione dell'esperienza più atroce della mia vita, nel tentativo di trarne qualcosa di costruttivo. Una tale elaborazione comprende tutti gli aspetti dell'esistenza e mi spinge a raccontare, oltre all'attentato in sé, la persona che ero prima, la persona che sono ora, l'umanità che ho incontrato in questa avventura, i sentimenti.Sì, perché si tratta di un film di sentimenti, più che di guerra".


Il 18 ottobre presso la Cineteca di Bologna è stato presentato il film "20 sigarette", vincitore del premio Controcampo alla 67esima Mostra del cinema di Venezia, seguito da un incontro con lo stesso Amadei.

Il regista parla a ragion veduta di film di sentimenti: vuoi per l'inizio che può sembrare “leggero”, da commedia generazionale con tanto di risatine a denti stretti per le situazioni proposte e la caratterizzazione dei personaggi (ci riconosci i “coatti” romani, gli attivisti dei centri sociali forse troppo convinti, fino ad arrivare ad un live dei Cor Veleno: cose familiari ad un venti-trentenne con una cultura media – non quella televisiva, per intenderci); vuoi per il lato umano dei militari mostrato dal regista, che nel breve arco di tempo era anche diventato amico di qualcuno di loro; vuoi per il cambio drastico e drammatico di tono quando si arriva al momento dell'attentato. Stacco voluto, preciserà il regista durante l'incontro con il pubblico: “Se inizialmente, tu spettatore hai pensato che fosse un filmetto scanzonato da poco, la botta della scena dell'attentato ti da una doppia scossa: quella del dramma che un momento così giustamente suggerisce, e un senso di colpa per aver giudicato troppo frettolosamente in precedenza”. E continua: “infatti il film è giocato tutto sul senso di colpa: il tema è questo”.
Il senso di colpa dello spettatore si ricollega a quello più “macro” che si prova a far parte di una società che promuove la guerra; senso di colpa per i civili rimasti uccisi ma anche verso le vittime militari, causate da meccanismo complesso e subdolo intrecciato con i meccanismi della società occidentale - e qui, il regista sfocia in temi che andrebbero approfonditi per ore e che il pubblico, a giudicare dalle domande poste in sala, non ha né la voglia né la profondità adeguata per ascoltare. Un 15enne chiede di vedere il tatuaggio che si intravede sull'avambraccio del protagonista nella scena dell'attentato: "in ogni caso nessuno rimorso" con la "a" cerchiata, e Amadei è costretto ad ammettere che non ce l'ha davvero, ma che è un omaggio al romanzo di Pino Cacucci; una ragazza gli chiede se ha ancora gli attacchi di panico, un'altra se si ricorda ancora il volto del bambino morto che è stato caricato sullo stesso camion che lo ha portato in ospedale. Amadei glissa con nonchalanche e riesce a dire quello che vuole dire lui senza soddisfare la curiosità morbosa, poi raccoglie il suo bastone (dell'attentato ha conservato una caviglia maciullata, un timpano perforato e svariate schegge sparse per il corpo) e quando usciamo è ancora fuori dalla sala a rispondere ad altre domande. LAURA & CARLOTTA
.

Nessun commento:

Posta un commento

Most Wanted